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domenica 13 dicembre 2015

Gli obelischi dell'antico Egitto


di Rik Negus
Traduzione: Tycho


INTRODUZIONE

Nel mese di aprile del 2015 ho avuto l'opportunità di visitare l'Egitto e vedere l'Obelisco incompiuto ad Assuan e i due obelischi di Karnak, che sono l'argomento di questo articolo. Sono un tecnico architettonico che per cinquant'anni ha cercato di capire come realizzare i disegni degli architetti; quindi, se si considerano gli Obelischi, la domanda nasce spontanea - come hanno fatto a costruire ed erigere queste incredibili strutture. Non pretendo di essere un "esperto", ma mi avvicino a tutto con una mente aperta e curiosa, la mente di un principiante aperto a tutte le possibilità.


PUNTO DI RIFERIMENTO

Mentre ero a Luxor ho acquistato un libro intitolato Gli obelischi dell'Egitto di Labib Hamachi (1984, The American University in Cairo Press), che viene utilizzato come un punto di riferimento per quanto riguarda la visione dell'Egittologia "convenzionale" di come gli Obelischi siano stati costruiti ed eretti. I riferimenti a questa pubblicazione sono riportati in neretto corsivo nel testo senza ulteriore riferimento.


L'Obelisco incompiuto

L'Obelisco incompiuto, se finito, avrebbe misurato 41,75 metri di altezza, con una base di 4,2 metri di lato e un peso di 1168 tonnellate. La cava si trova ad Aswan (24,076886°, 32,895361°), ed è 1053 metri in direzione nord-ovest verso la riva odierna del fiume Nilo. Il terreno della zona è costituito principalmente da granito, così si può assumere che il corso del Nilo sia cambiato poco con il passare del tempo in questa zona.



Ci viene detto che "Il lavoro è iniziato togliendo la superficie irregolare. Ciò è stato realizzato ponendo dei mattoni sulla superficie da rimuovere, riscaldandoli fino a che fossero piuttosto caldi, bagnandoli poi con acqua fredda. La superficie della roccia fratturata in questo modo diveniva facilmente staccabile, rendendo la superficie ragionevolmente liscia."

e gli esperti di egittologia sostengono che l'obelisco è stato tagliato dalla roccia di granito utilizzando

"Grandi palle di dolerite, ciascuna del peso di circa 5,5 chilogrammi con una misura dai 15 ai 30 centimetri, sono stati trovati vicino l'obelisco... Le sfere erano apparentemente attaccate a dei pestelli e venivano utilizzate per colpire verticalmente dall'alto verso il basso con grande forza"
e affermano che

"La trincea e i pozzi sono stati, pertanto, non tagliati fuori, ma piuttosto sbattuti fuori"

e che

"Si possono immaginare diverse migliaia di uomini disposti attorno all'obelisco in gruppi di tre, due in piedi, tenendo e alzando il pestone, e un terzo accovacciato per dirigere il colpo nel punto giusto"


Esaminiamo ciascuno di questi punti.

Non c'è nulla di ragionevole circa la spiegazione di pulire la superficie irregolare. Con la vastità del luogo, come si fa a riscaldare ad una temperatura abbastanza calda e con che cosa? Inoltre questi mattoni dovevano essere trasportati. E quanta acqua ci sarebbe voluta per raffreddarli? Non ci sarebbe stato alcun controllo sulla fratturazione, e ricordo che abbiamo a che fare con il granito, che è una pietra molto dura.

Le rocce di dolerite esistenti sul sito sono di forma e dimensioni casuali, queste avrebbero dovuto essere collegate ad un "pestone" (ipotesi), di forma e lunghezza sconosciute. Il granito veniva quindi fracassato con queste pietre. Nel nome della scienza esatta, qualcuno ha mai provato a duplicare questa procedura e determinare quanto granito sarebbe stato eroso nel corso di una giornata di otto ore sotto il sole e con la temperatura che è prevalente ad Aswan?

A causa della forma irregolare delle pietre e della procedura descritta, le cavità ottenute sarebbero state irregolari, così come la rottura del granito. Non ci sarebbe stato alcun controllo sulla forma o sulla direzione.



Se consideriamo i fianchi scavati dell'Obelisco incompiuto noteremo l'uniformità nei loro tagli e nella forma: le pareti sono verticali, la larghezza del taglio nella foto allegata è di circa 50 centimetri - è uniforme e rettilineo. I lati non mostrano alcun segno di "sfondamanto".


I lati dei tagli mostrano linee di cresta verticali a medesime distanze, la faccia tra le linee di cresta è quasi piatta e le creste stesse sono minime in altezza. Nella parte inferiore del taglio c'è un raggio. Si noti che non vi è alcun foro concavo che sarebbe il risultato di "colpi" con le rocce di dolerite. Questi tagli sembrano essere larghi circa 20 a 25 cm e coerenti nella loro verticalità e larghezza.

Niente di tutto questo suggerisce un "pestaggio" con pietre irregolari ma invece suggerisce qualcosa che effettuava una serie di tagli verticali nel granito. Che cosa avrebbe fatto questi tagli è la speculazione, ma l'evidenza punta direttamente a qualche altra tecnologia, forse una fresa cilindrica girevole.

Si possono immaginare diverse migliaia di uomini disposti attorno all'obelisco in gruppi di tre, due in piedi, tenendo e alzando il pestone, e un terzo accovacciato per dirigere il colpo nel punto giusto


Proviamo a immaginare questa situazione. Il Building Code in Canada afferma che per lo spazio in piedi ogni persona occupa 0,40 metri quadrati. Quanti sono "diverse migliaia"? Supponiamo 2500, nel senso che richiederebbero 1000 metri quadrati, senza alcuno spazio di manovra.

Notiamo l'irregolarità del sito, notiamo che le linee di taglio sono verticali all'orizzonte non l'obelisco stesso, e notiamo anche che l'obelisco si trova su una pendenza di 10° rispetto al piano orizzontale.


Sarebbe materialmente impossibile avere diverse centinaia, per non parlare di alcune migliaia, di uomini posizionati intorno all'obelisco e svolgere la funzione di lavoro che è stata suggerita dagli "esperti" di Egittologia.


Ci è stato detto:

L'Obelisco incompiuto sarebbe stato perfetto, il lato inferiore si sarebbe staccato dalla roccia madre attraverso delle gallerie scavate al di sotto e progressivamente riempite con assi di legno fino a quando il lato non si fosse completamente staccato.

Sempre utilizzando queste leve da entrambi i lati dell'obelisco, questo sarebbe stato fatto oscillare leggermente avanti e indietro e gradualmente sollevato aumentando l'altezza della confezione sotto ogni sollevamento. In questo modo, la base avrebbe potuto essere sollevata di 2.43 metri sopra il livello attuale, e la quantità di roccia da rimuovere davanti all'obelisco notevolmente ridotta di conseguenza.



Avendo intrapreso l'estrazione di un oggetto di tali dimensioni e peso, i responsabili avrebbero avuto i mezzi per rimuovere e trasportare l'obelisco. Va notato a questo punto che l'obelisco si trova su una pendenza di 10° rispetto alla linea orizzontale. Come indicato in precedenza il lato dei tagli varia nella dimensione ma il minimo sembra essere di circa 50 centimetri di larghezza. Per tre uomini lavorare con il loro strumento martellante in questo spazio sarebbe impossibile, per non parlare sotto l'obelisco per rimuovere detriti e inserire assi di legno. Una volta totalmente distaccato e seduto sui suoi assi di legno l'obelisco sarebbe stato libero di scorrere al punto più basso nella fossa.



Siamo quindi a credere che travi o tronchi fossero inseriti sotto l'obelisco per oscillare e consentirgli di essere sollevato. Solo guardando le foto della sua posizione si può vedere l'impossibilità di tale compito, non c'è spazio per inserire leve tantomeno per spingere verso il basso. Stiamo parlando di un oggetto che pesa 1168 tonnellate (1). Anche se fosse stato possibile sollevarlo e livellarlo, l'obelisco sarebbe stato nell'ordine dei 6 metri sopra la superficie piana adiacente e avrebbe dovuto essere stato spostato di circa 65 metri in quella zona, 1168 tonnellate. Ciò solleva alcune domande: da dove sarebbe provenuto tutto il legno necessario? Se non si era fisicamente in grado di inserire leve come sarebbe stato sollevato? Una volta sollevato come sarebbe stato spostato e poi abbassato a livello dell'area adiacente?

Staremmo parlando di un progetto di costruzione immenso fatto di solo legno e in una zona dove non esistono alberi di una qualsiasi dimensione considerevole.

Anche in questo caso un'altra tecnologia sconosciuta è la risposta più probabile.

Quando l'obelisco fosse stato sollevato abbastanza in alto e realizzato un percorso pulitoo, sarebbe stato trascinato giù per il pendio verso il fiume. L'archeologo inglese Reginald Englebach calcola che questo potrebbe essere fatto da 6.000 uomini che tirano 40 corde, ognuna di 18,4 cm di diametro.

Si suggerisce che altri obelischi sono stati collocati su una slitta o su rulli per essere trascinati.

In primo luogo dobbiamo esaminare il numero di uomini e la quantità di corda: 6.000 uomini e 40 corde equivale a 150 uomini per ogni corda che occupano uno spazio di 1 metro ciascuno, equivale a una corda più lunga di 150 metri e di 18,4 cm di diametro. Quale sarebbe il solo peso della fune? Cercare di afferrare un oggetto che è 18,4 cm di diametro quindi immaginate di doverlo tirare. Allora come si fa a collegare queste corde all'obelisco? Non potevano certo essere avvolte intorno ad esso, perché avrebbero interferito con i rulli. Questo presuppone che ogni uomo fosse capace di tirare 154kg, ad esclusione del peso della corda. Si presuppone che ci fossero 6.000 uomini validi a disposizione per fare questo nella calura del giorno.

[Le corde: Immaginate di fare una corda di 18.4 cm di diametro e più di 150 metri di lunghezza. Non si possono fare nodi con una corda del genere, come si sarebbe dovuta attacare all'obelisco? Quindi immaginare di fare 40 di queste corde e trasportarle al sito, sollevarle e spostarle. Questo può essere chiamato solo un volo di fantasia inglese.]

Ora i rulli avrebbero dovuto essere di diametro e consistenza di dimensioni sufficienti ad ospitare un tale peso. Avrebbero dovuto essere di almeno 6 metri di lunghezza; da dove sarebbero arrivati? Per una lunghezza di 40 metri ce ne sarebbero voluti almeno 40 più quelli da mettere davanti durante lo spostamento. Inoltre avrebbero dovuto essere tutti dritti e dello stesso diametro. Come avrebbero potuto essere realizzati e da quale fonte?

La superficie che scende verso il fiume avrebbe dovuto essere relativamente liscia e priva di ostacoli, anche relativamente costante in pendenza per il fatto che sarebbe stata in discesa verso il fiume. Come si fa a trattenere un oggetto di 1.168 tonnellate su rulli su un pendio in discesa? Sarebbe come mantenere un camion merci carico su una collina senza freni. Ciò presuppone un percorso rettilineo, che sarebbe improbabile, come si dovrebbe realizzare questa opzione in discesa senza freni?

Nell'esaminare la visione convenzionale in dettaglio a questo punto si può solo supporre una ottima fantasia al lavoro. Fantasia che nega le prove fisiche, tale è la natura degli "esperti" di Egittologia.

Non ho la risposta per "come è stato fatto", ma so che non era come presentato in Gli Obelischi dell'Egitto e altre fonti online.

Chi ha intrapreso questo progetto conosceva cose e tecnologie che sono stati a lungo dimenticati.

Sarebbe difficile replicare una simile impresa oggi con le nostre attuali tecnologie per non parlare del tentativo di duplicare quelle che sono state descritte.

Ci è stato detto che l'obelisco doveva essere caricato su un qualche tipo di barca e trasportato lungo il Nilo fino alla sua posizione finale. Mi occuperò di questo in un documento separato relativo a tutte le possibilità e le impossibilità di una simile impresa.

Gli obelischi di Karnak

Tuthmosis I a sinistra, Hatshepsut a destra

Ci sono due obelischi rimasti in piedi nel sito del tempio di Karnak. Il primo di questi si dice sia uno di una coppia eretta da Thutmosi I, il terzo re della XVIII dinastia (1506-1493 a.C. regno (contestato)), realizzati in granito rosso e quello rimasto misura 19,5 metri di altezza e si stima pesi 143 tonnellate.

Il secondo è uno dei quattro obelischi eretti da Hatshepsut (regno 1473-1458 a.C.); anch'esso fatto di granito rosso e alto 29,5 metri e del peso stimato di 323 tonnellate.

Entrambi poggiano sulle loro basi in pietra.

Dopo essere stati trasportati al sito cerchiamo di esplorare il modo in cui si dice siano stati eretti.

Una rampa di terra o sabbia doveva essere stesa per trascinare gli obelischi dal punto di sbarco fino al luogo in cui dovevano essere eretti. Le opinioni degli ingegneri, architetti e archeologi di come questo sia stato compiuto variano considerevolmente, e un certo numero di modi diversi sono state suggeriti... Engelbach suggerisce il seguente:

"Un metodo che è meccanicamente possibile e che soddisfa tutti i fatti osservati è che l'obelisco non fosse calato sul bordo di un terrapieno, ma giù in un pozzo a imbuto alla fine di esso, l'abbassamento viene fatto rimuovendo la sabbia, con la quale il pozzo era stato riempito, da gallerie che portano sul fondo di questo, e quindi permettendo all'obelisco di posizionarsi lentamente. Prendendo questo come base del metodo, la forma della fossa si risolve in un imbuto a sezione quadrata rastremata - piuttosto come un imbuto per benzina - largo nella parte superiore, ma molto stretto vicino alla base dell'obelisco. L'obelisco viene introdotto nell'imbuto in modo curvo portando gradualmente dalla superficie del terrapieno fino a che non si fosse attacato uniformemente con la parete dell'imbuto. La sabbia veniva rimossa da uomini con cestelli attraverso gallerie che portano dal fondo del tunnel fuori del terrapieno."


In primo luogo dobbiamo affrontare il tipo di materiale che potrebbe essere utilizzato per una simile impresa. La sabbia asciutta sarebbe inutilizzabile, non poteva essere compattata per sostenere il carico dell'obelisco più tutto il traffico pedonale di quei "migliaia" di uomini che dovevano tirarlo su per la rampa. La forma curva del "imbuto" e la vicinanza di pendenza verticale sul lato destro sarebbe impossibile da raggiungere con la sabbia e come è possibile mantenere la forma del "imbuto"? Non ci sarebbe nulla per mantenere forma e tenuta della sabbia o della terra.


Quando terra o sabbia accumulata formeranno un pendenza massima di 45°, la massima pendenza della rampa sarebbe del 10%, qualcosa di più alto sarebbe estremamente difficile da tirare su. Supponendo che la rampa avrebbe dovuto raggiungere un'altezza di 20 metri prima che l'obelisco è più basso oltre il bordo, la rampa sarebbe un minimo di 210 metri di lunghezza e contenere 37.250 m³ di materiale come indicato sopra.


La rampa in sé avrebbe dovuto essere di almeno 6 metri di larghezza per accogliere l'obelisco e le "migliaia" di uomini necessari per tirare e spingere su per la rampa. Come si fa a posizionare fisicamente molti uomini su questa rampa? Ci sarebbe stato un punto in cui non sarebbero più stati in grado di tirare, così come a spingere per la distanza rimanente. Dopo aver raggiunto il punto di svolta nella parte superiore della rampa, che sarebbe crollato sotto il peso di taglio dell'obelisco, sarebbe quindi solo caduto sulla pista a 45°. Qualsiasi sabbia lì sarebbe stata schiacciata e dispersa. L'unico modo in cui un "imbuto" potrebbe realizzarsi sarebbe con una struttura in pietra o legno costruita intorno alla base, ma anche in questo caso dopo averlo riempito di sabbia che viene eliminata attraverso le gallerie sarebbe estremamente difficile e ancora non ci sarebbe alcun controllo su come l'obelisco possa scivolare nella cavità. Ogni più piccolo residuo di sabbia tra l'obelisco e la sua base avrebbe dovuto essere rimosso altrimenti i granelli di sabbia si sarebbero comportati come cuscinetti a sfera sotto l'obelisco facendolo probabilmente slittare.
Un'altra versione prevede che l'obelisco raggiunga quel punto di non ritorno per poi essere tirato fino alla sua posizione eretta da corde. Ma dove sarebbero state fissate? E come?

Si presume che alcune se non tutte le strutture circostanti fosssero già in loco prima che l'obelisco fosse eretto. Se è così, e data l'immensità della rampa, come avrebbe potuto essere realizzata nello spazio ristretto che esisteva in quel momento? Solo costruire una di queste rampe sarebbe stata una grande impresa e ci viene detto che c'erano sei obelischi. Da dove sarebbe arrivata questa massa di materiale? Come sarebbe stata posizionata? Come avrebbe potuto mai mantenere la sua forma e sostenere 323 tonnellate o più? Quale possibilità di manovra avrebbero avuto gli uomini su una struttura del genere e spingere e tirare sulla rampa con dei rulli? Ci è stato detto ci siano voluti sette mesi per creare l'obelisco; quanto tempo ci sarebbe voluto per costruire la rampa, spostare l'obelisco, e rimuovere la rampa o spostarla per il successivo obelisco?

Ci sono altre due considerazioni per quanto riguarda questo schema. La prima è che le strutture esistenti erano già in piedi nella zona in cui obelisco di Hatshepsut è stato posto come è indicato sul Mappa digitale del tempo di Karnak (http://dlib.etc.ucla.edu/projects/Karnak/timemap), che sarebbe in contrasto con la rampa sopra descritta.

La seconda considerazione è la quantità di forza necessaria per spostare le 323 tonnellate dell'obelisco sulla rampa, a causa della pendenza, la quantità di forza è superiore a quella necessaria in piano. Le mie competenze matematiche non sono tali per essere in grado di determinare questo secondo l'equazione qui sotto, ma si può presumere che sarebbe impossibile raccogliere abbastanza uomini sulla rampa per realizzare tale compito.


Non dimentichiamo anche il problema di fissare le corde per l'obelisco in modo che le "migliaia" di uomini potessero spostarlo. E un ultimo punto: quando l'obelisco fosse scivolato sul bordo della rampa il contatto con un qualsiasi materiale di costruzione della rampa avrebbe determinato una forte probabilità di abrasione a quella faccia dell'obelisco, un lato che aveva ricevuto un alto grado di finitura.


L'Obelisco di 
Hatshepsut


Ora vedremo l'obelisco che è rimasto in piedi da quasi 3.500 anni, che è 29,5 metri di altezza e ... quadrati (2) alla sua base. Poggia su una base di roccia che è ... (3). Questa base dovrebbe poggiare sulla pietra solida in modo che non ci siano cedimenti differenziali. La parte superiore della base avrebbe dovuto essere perfettamente piana, liscia e levigata. Completamente pulita da detriti (sabbia o terra) quando l'obelisco è stato messo in sede.

Anche la parte inferiore dell'obelisco avrebbe dovuto essere perfettamente piana, liscia e levigata. Essere ad angolo retto perfetto (90°) rispetto alla linea centrale del obelisco stesso. La minima differenza in questo angolo causerebbe una inclinazione dell'obelisco che aumenta con l'altezza. Allo stesso modo tutti e quattro i lati devono essere simmetrici rispetto alla linea centrale dell'obelisco. Se un lato fosse maggiore rispetto agli altri causerebbe una deviazione nel centro di gravità. Pertanto, dopo essere grossolanamente sbozzata dalla cava, avrebbe subito una sagomatura di precisione e finitura prima di incidere le iscrizioni ed essere montato. E' difficile credere che questa precisione nella sagomatura sia stata fatta da uomini con mazze di legno e scalpelli di rame o rocce di dolerite, o lucidato con sabbia o rocce frantumate. I bordi sono perfettamente quadrata con molto poca rotondità. Questa è la precisione. Le tolleranze per erigere una pietra di queste dimensioni con la possibilità di fratturarla avrebbe richiesto un elevato grado di controllo. Il fatto che sia ​​stato posizionato in modo preciso e di aver superato la prova del tempo, e continuerà a farlo, parla di abilità inimmaginabile. Qualcuna delle nostre odierne strutture moderne sarà ancora in piedi a 3.500 anni da oggi? In qualche modo dubito.


Le incisioni sono precise; ci sono suggerimenti per quanto riguarda gli strumenti che sono stati utilizzati, ma nessuno realmente soddisfa quando ci si trova in presenza di questo incredibile lavoro. Basta guardare la precisione dei tagli, la rettilineità delle linee oltre la lunghezza della pietra; non vi è alcuna possibilità di errore, non si può rimettere il materiale a posto dopo che è stato rimosso. Come potremmo farlo oggi? Christopher Dunn suggerisce che un processo di taglio a vibrazione sonica vibratoria sarebbe più adatto dove l'utensile penetra il materiale ad una profondità prestabilita. (4) Vi è anche evidenza dell'uso di strumenti rettangolari.


Ci è stato detto dagli egittologi di grande cultura che cosa significno tutte queste iscrizioni; ma lo sappiamo veramente, o si stanno facendo solo ipotesi e assunzioni, come quelle su come sono stati realizzati ed eretti gli obelischi?

Sulla base del suo obelisco che si trova ancora a Karnak, Hatshepsut ha scritto che

"lo ha fatto come suo monumento per il padre Amon, Signore delle Due Terre di dimoranti a Karnak, la realizzazione per lui di due grandi obelischi di solido granito rosso della regione del sud; loro abbienti superiori d'oro dei migliori di tutti i paesi"

L'iscrizione sopra è stato trovata sulla parete sud dell'Obelisco, eretto da Hatshepsut. Come si ottiene una così precisa traduzione (in una qualsiasi altra lingua) interpretando qualcosa come i geroglifici sopra? Vorrei suggerire che potrebbe esserci una grande quantità di tiri ad indovinare e pio desiderio di descrivere, ma poi, naturalmente, le persone che fanno questo sono "esperti" nel non essere interrogati. Non è possibile che i simboli possano avere molteplici significati a seconda del contesto in cui vengono utilizzati o che abbiano significati totalmente diversi da quelli che scegliamo di assegnare loro? Proprio come i nostri "esperti" hanno assunto di sapere come sono stati creati, trasportati ed eretti gli obelischi, e che questo non dovrebbe essere messo in discussione, forse gli stessi presupposti errati sono stati fatti nelle traduzioni.



CONCLUSIONE

Stiamo esaminando una cultura incredibile che ha comunicato con i simboli, che ha fatto cose incredibili con la pietra, che sono durate secoli, eppure li descrivono come un po' primitivi rispetto ai nostri modi "moderni". L'evidenza non suggerisce qualcosa di molto più avanzato - la conoscenza che è stata persa nello scorrere del tempo? Gli obelischi sono solo un esempio del grande mistero che sta davanti a noi, possiamo scegliere di rimanere bloccati nelle nostre convinzioni tradizionali o possiamo abbracciare il mistero e continuare a mettere in discussione e cercare risposte.

Dopo essere rimasti meravigliati di fronte a questi e altri manufatti sorprendenti delle civiltà passate, non si può fare a meno di mettere in discussione le loro origini e le storie che ci vengono raccontate su di loro. Qui sono in gioco alcune tecnologie superiori, perdute per noi e per i nostri modi moderni. Quali sono, è il mistero, ma fino a che abbracceremo la visione convenzionale come portata avanti dagli "esperti" non potremo mai trovare la risposta ai misteri. Dobbiamo essere disposti a mettere in discussione e a credere nell'impossibile, perché se non lo facciamo, come possiamo mai aspettarci che accada?


(1) un carro merci ferroviario nordamericano di serie caricato pesa 70-100 tonnellate
(2) lo scrittore non era in grado di procurarsi queste dimensioni
(3) lo scrittore non era in grado di procurarsi queste dimensioni
(4) The Lost Tecnologie dell 'Antico Egitto, Christopher Dunn


Articolo originale: Qui




domenica 15 novembre 2015

Scoperta una antica rete fluviale sotto le sabbie del Sahara

Le immagini radar del deserto della Mauritania hanno rivelato un fiume che si estendeva per oltre 500 km e suggeriscono che una volta la flora e la fauna selvatica prosperavano in questi luoghi.

Un'immagine radar dei paleo-fiumi scoperti.
L'acqua potrebbe avere percorso questa rete di canali
appena scoperta fino a 5000 anni fa. Fotografia: Philippe Paillou

Una vasta rete di fiumi che un tempo portava l'acqua per centinaia di chilometri attraverso il Sahara occidentale è stata scoperta sotto le sabbie riarse della Mauritania.

Le immagini radar riprese da un satellite giapponese di osservazione della Terra hanno individuato l'antico sistema fluviale sotto la superficie polverosa poco profonda, a quanto pare si snoda per più di 500 chilometri dall'interno verso la costa.

La via d'acqua sepolta potrebbe aver fatto parte del fiume Tamanrasett che si pensa scorresse attraverso parti del Sahara occidentale in tempi antichi originando da fonti nelle montagne meridionali dell'Atlante e dagli altipiani dell'Hoggar in quella che oggi è l'Algeria.

Il team a guida francese dietro la scoperta ritiene che il fiume portasse l'acqua al mare durante i periodi umidi occorsi nella regione negli ultimi 245000 anni. L'acqua potrebbe essere scorsa attraverso questi canali fino a 5000 anni fa.

Il fiume avrebbe aiutato le persone, la flora e la fauna a prosperare in quello che oggi è una terra deserta, e avrebbe trasportato nutrienti essenziali per gli organismi marini. Se scorresse ancora oggi, il sistema fluviale sarebbe il 12° tra i più grandi della Terra, scrivono i ricercatori sulla rivista Nature Communications.

Le immagini scattate dal satellite hanno rivelato che i letti dei fiumi nascosti sono allineati quasi perfettamente con un enorme canyon sottomarino che si estende nelle acque al largo della costa della Mauritania a più di tre chilometri di profondità. Mappato per la prima volta nel 2003, il Cap Timiris Canyon è largo 2,5 km.

I contorni e il corso principale del fiume Tamanrasett disegnati in blu e grigio, rispettivamente. Il fiume recentemente identificato e Cap Timiris Canyon sono in blu scuro all'estrema sinistra della mappa. Fotografia: Nature Communications

Russell Wynn del National Oceanography Centre di Southampton è stato tra i ricercatori che hanno creato la prima mappa 3D del canyon dalla nave di ricerca tedesca Meteor. Carote di sedimenti portati dal fondo del canyon contenevano particelle fluviali a grana fine che hanno suggerito che un enorme fiume si era formato prima, e successivamente immesso, nel profondo canale scavato nella piattaforma continentale.

"E' una grande storia di investigazione geologica e conferma più direttamente quello che ci aspettavamo. Questa è la prova più convincente che in passato ci fu un grande sistema fluviale che alimentava questo canyon", ha detto Wynn, che non è stato coinvolto nello studio più recente. "Ci dice che non più tardi di 5-6000 anni fa, il deserto del Sahara è stato un attivo e molto vivace sistema fluviale."

In pieno flusso, il fiume avrebbe portato materiale organico dalla terra nell'oceano, dove ha sostenuto un ricco ecosistema di filtratori ed altri organismi nel canyon. Ma il fiume era troppo distruttivo, scatenando correnti rapide e turbolente di acqua e sedimenti lungo il canyon. Flussi simili sono ancora oggi attivi al largo della costa di Taiwan, e hanno abbastanza forza per distruggere cavi sottomarini e altre infrastrutture.

"A volte non è possibile far riflettere le persone sul cambiamento climatico e su quanto velocemente questo avvenga. Ecco un esempio in cui nel giro di un paio di migliaia di anni, il Sahara è passato da essere bagnato e umido, con un sacco di sedimenti trasportati nel canyon, a qualcosa che è arido e secco", afferma Wynn.

Fonti:





sabato 14 novembre 2015

Dignità

Prima di scrivere qualche riga, forse doverosa, forse no, per quanto accaduto la scorsa notte a Parigi, ho voluto attendere qualche ora, leggere e cercare di capire, quanto accade e come si reagisce nel mondo reale e in quello virtuale a questo gesto infame, a queste vite perdute in maniera così barbara.



Tralascio il giudizio sulla vacuità delle affermazioni di politici e potentati italiani, con parole vuote e prive di ogni vera umanità e genuino cordoglio, prive di una qualsiasi forma di analisi, inneggianti alla bontà dell'occidente, alimentando la differenza, la diffidenza, l'emarginazione e l'odio, consapevoli, a diversi gradi credo, di essere parte di un gioco, di un piano già congegnato e in corso di realizzazione.
Chissà cosa dirà poi la Storia.

Tralascio la scarsa capacità di cronaca di tutti i mezzi di informazione, incapaci di farsi domande al di là dell'ovvio della notizia, di come manchino all'appello immagini di telecamere di videosorveglianza di una metropoli come Parigi, ad esempio. Di quanto nessuno tenti una disamina del perché e del percome, alimentando anch'essi un clima di terrore e paura dell'altro.

Tralascio le affermazioni sul chi ha voluto cosa. Sull'accoglienza di rifugiati e diseredati dell'umanità, perché "ora li abbiamo in casa", "nessuno è più al sicuro", come se donne e bambini che scappano da una guerra o dalla follia di certa "legge islamica" abbiano colpe da terroristi.

Tralascio il tam tam razzista e xenofobo delle ultime ore sui social network, specchio di quanto sia labile la consapevolezza del gregge, che si inonda di messaggi di cordoglio e bande a lutto, che inneggia alla pace e subito dopo chiede il sangue della vendetta.

Gli esseri umani nascono in uno stato di laicità, di gioia e di fiducia, di curiosità e scoperta, senza paura della differenza, dell'altro, del suo colore, del suo odore, dei suoi occhi. Quale implicazione occorre a che questo stato di grazia venga meno nelle persone? Le risposte sono molteplici, ma alcune sono prime in classifica. Lascio a voi immaginare quali possano essere. 

Come sempre vi invito a ragionare, a riflettere, a non affrettare giudizi, nel rispetto degli altri, chiunque essi siano. Perché parliamo innanzitutto di perdita di dignità.

Dignità della vita di chi è morto a Parigi ieri notte. Dignità di chi si è ucciso dopo aver compiuto una carneficina in nome di un dio o di una ragion di stato. Dignità di chi è rimasto, in occidente e in oriente, ed è costretto a subire o a giudicare, ad aver paura, sull'uno o sull'altro fronte. Dignità di chi calpesta la sua dignità per seguire precetti assurdi e che poco hanno a che fare con l'essere umani. Dignità persa da chi nega l'essenza umana, fatta di corpo oltre che di anima. Dignità perduta a beneficio del profitto e dello sfruttamento, a discapito della solidarietà e della comprensione. Dignità perduta insieme al tempo che ci viene rubato ogni giorno.

Tycho




domenica 8 novembre 2015

I Neanderthal migrarono in Italia prima di quanto si pensasse

Un nuovo studio ha scoperto che gli uomini di Neanderthal arrivarono sulla penisola italiana 250.000 anni fa, 100.000 anni prima di quanto si pensasse.

La nuova ricerca ha il potenziale di causare un ripensamento significativo sui tempi e la distribuzione di proto-umani in tutta l'Europa preistorica.

La cava di Saccopastore

Due crani di Neanderthal, il primo rinvenuto nel 1929 dal duca Mario Grazioli, proprietario della cava di ghiaia di Sacco Pastore, località della campagna romana sulla riva sinistra del fiume Aniene, il secondo nel 1935 nello stessa località dai paleoantropologi Alberto Carlo Blanc e Henri Breuil, sono stati la base dello studio dei ricercatori. Il team ha effettuato un'analisi sui depositi radioattivi presenti nei sedimenti nei due teschi, datandoli a 250.000 anni fa.

Henri Breuil e Alberto Carlo Blanc a Saccopastore, nell'aprile del 1935

Fabrizio Marra, uno dei ricercatori coinvolti nello studio, ha detto: "I risultati dei nostri studi dimostrano che i resti di Saccopastore sono 100.000 anni più antichi di quanto si pensasse - e spingono indietro l'arrivo dell'uomo di Neanderthal in Italia a 250.000 anni fa."

Il team che ha studiato i due teschi è composto da scienziati dell'Istituto Italiano di Geofisica e Vulcanologia, che hanno lavorato fianco a fianco con paleontologi e antropologi dell'Università Sapienza di Roma e dell'Università del Wisconsin-Madison negli Stati Uniti.

I due teschi di Saccopastore

I Neanderthal erano simili agli esseri umani in apparenza, anche se erano più bassi e tarchiati. I loro volti generalmente presentavano un naso largo, una arcata sopraccigliare prominente e zigomi angolati. Sono i nostri parenti estinti più stretti.

Lo studio di Marra e colleghi suggerisce che i Neanderthal si diressero verso la penisola italiana "più o meno nello stesso momento del loro arrivo in Europa."

Fiorenti in Europa per gran parte del Pleistocene, i resti dei Neanderthal sono stati trovati in tutto il continente, dalla costa del Mar Nero della Russia alla costa atlantica della Spagna. Sulla base delle prove fossili, si presume si siano estinti circa 40.000 anni fa, anche se la ricerca recente ha suggerito che si possano essere effettivamente estinti un po' prima, circa 45.000 anni fa.

Cosa esattamente abbia causato la scomparsa dei nostri cugini genetici dal continente è una questione fortemente contestata. Le teorie vanno dagli effetti degli esseri umani, sia attraverso una maggiore competizione per il cibo e le risorse o dalla trasmissione involontaria da parte dei Sapiens di fatali malattie ai Neanderthal, al cambiamento climatico o anche una importante eruzione vulcanica.

Prima di questo studio, l'esemplare di Neanderthal più antico ritrovato in Italia era l'Uomo di Altamura. Scoperto incorporato in una cava di calcare nel Sud Italia, nel 1993, l'analisi dei depositi di calcio sullo scheletro dell'Uomo di Altamura hanno suggerito risalga dai 128.000 ai 187.000 anni fa. Lo scheletro è rinomato per aver fornito il più antico campione di DNA estratto da sempre da un uomo di Neanderthal.

Marra e il suo team sono stati ispirati all'analisi dei reperti di Saccopastore da un mistero che ha afflitto gli scienziati da quando i teschi sono stati scoperti. Undici manufatti di pietra trovati a Saccopastore sembravano essere significativamente più antichi rispetto delle ossa stesse. Ridatando i crani, questa incoerenza è stata chiarita.

I risultati saranno pubblicati sulla rivista Quaternary Science Reviews, a fine mese.

Fonti:
Museo di Antropologia "Giuseppe Sergi" Sapienza - Università di Roma.




domenica 25 ottobre 2015

I più piccoli "mattoni" del DNA sono identici in tutte le specie

Il professor Jakob Bohr sta lavorando ad una teoria per spiegare il motivo per cui un elemento specifico nei cromosomi è identico negli esseri umani, negli animali e nelle piante.
Il Professor Jacok Bohr

Il diametro di un singolo componente cilindrico del DNA, è sempre lo stesso, indipendentemente dal fatto che faccia parte di un moscerino della frutta, di un faggio, o di un essere umano. Questo minuscolo "mattoncino" nell'architettura del DNA è parte di ciò che è noto come nucleosoma. Il diametro del nucleosoma ha per lungo affascinato il professor Jakob Bohr del DTU Nanotech (Politecnico della Danimarca). Perché se è lo stesso in tutte le specie, quale principio universale o legge di natura è in vigore?

"Come fisico, cerco di trovare le risposte a queste domande nel mondo della matematica e della fisica. E in questi contesti, i nostri calcoli dimostrano che la dimensione dei nucleosomi ha perfettamente senso. Creano ciò che abbiamo scelto di chiamare twist neutrality (ndt neutralità della torsione)", racconta Jakob Bohr, che ha studiato il diametro dei nucleosomi, in collaborazione con il suo collega, Kasper Olsen.



"La twist neutrality assicura che il numero di giri nel materiale del DNA rimane sempre costante, tale che la struttura più piccola nell'architettura del DNA -l'elica del DNA - può essere allungata senza influenzare il numero di torsioni. Questa proprietà è essenziale in natura ogni volta che il materiale del DNA deve essere copiato; nel caso di divisione cellulare, per esempio. In poche parole, la twist neutrality aiuta a prevenire che le torsioni si impiglino tra loro danneggiando il nostro DNA", aggiunge.

Il nucleosoma è solo una piccola parte dell'architettura complessa del DNA. In totale, ogni singola cellula contiene più di un metro di DNA, e per fare spazio a così tanto materiale, il DNA è contorto e piegato insieme più e più volte. Questo porta alla creazione di ciò che può essere percepito come diversi livelli di strutturazione, e a seconda di come un livello può effettivamente essere definito, sono creati otto di tali livelli.

"Ogni livello modifica la scala del nostro materiale ereditario di un fattore di circa tre, nello stesso modo in cui si piega un pezzo di carta più volte, lo spessore è aumentato di un fattore due ogni volta. Questa compressione del DNA assicura che sia abbastanza piccolo da stare all'interno del nucleo della cellula", spiega Jakob Bohr.

Il più alto livello di DNA comprende le strutture cromosomiche, dove i cromosomi di genere - Y e X - sono i più conosciuti. Il livello inferiore, vale a dire la struttura più piccola nell'architettura del DNA, è la famosa doppia elica, l'accattivante spirale di due filamenti di DNA avvolti uno intorno all'altro.



L'illustrazione mostra in maniera semplificata l'organizzazione del DNA. L'organizzazione serve per comprimere la lunghezza di oltre 1 metro del DNA, in modo che possa adattarsi all'interno del nucleo cellulare. Leggere la figura all'indietro cioè da H a A - corrisponde a guardare un cromosoma, zoomando fino alla struttura ad elica del DNA della figura A. Figura A - La nota doppia elica-spirale con i due filamenti di DNA è la struttura più piccola del cromosoma. Qui è riprodotta senza le coppie di basi che collegano i due filoni e che fanno assomigliare la spirale ad un scala a chiocciola. 
Figura B - Mostra come la doppia elica sia avvolta due volte intorno a un nucleo cilindrico di proteine. Questa struttura è chiamata nucleosoma. È il diametro di questa struttura che è identico in diverse specie e che affascina il Professor Jakob Bohr. Le proporzioni in questa figura non corrispondono al mondo reale, in cui l'elica del DNA è uguale nel formato al centro della proteina. 
Figura C - Mostra la fila di nucleosomi, che fanno somigliare la struttura ad una catena di perle. 
Figura D -> G Illustra i livelli successivi , dove il DNA viene ulteriormente confezionato. Finora, la geometria di questi livelli non è completamente chiarita. 
Figura H  - Illustra i contorni del cromosoma visto sotto un microscopio.


La legge naturale delle torsioni

A livello prima di questo, la doppia elica è avvolta due volte attorno un nucleo cilindrico di proteine. Questa struttura si chiama nucleosoma. Ci vogliono un sacco di nucleosomi per contenere l'intera doppia elica, e questo fa assomigliare la struttura ad un filo di perle - dove i nucleosomi sono le perle e la doppia elica è la catena.

I calcoli eseguiti dal Jakob Bohr e dai suoi colleghi dimostrano che, se il diametro dei nucleosomi fosse diversi, la twist neutrality semplicemente non esisterebbe.

"Questo non sarebbe buono, perché potrebbe significare che nuove, inadeguate strutture potrebbero apparire nel DNA. Così pensiamo che la ragione per cui la dimensione dei nucleosomi rimane costante tra le specie è che non vi è alcun beneficio per la natura di sviluppare o modificare queste dimensioni. In caso contrario, probabilmente lo avremmo incontrato come una fase del processo evolutivo", spiega Jakob Bohr.


La nuova tecnologia dovrebbe aiutare

L'obiettivo a lungo termine della ricerca sul diametro dei nucleosomi è di contribuire ad una descrizione completa della geometria del DNA. Questo potrebbe aiutare a rivelare i principi generali per la costruzione dei cromosomi, che ci consentano di comprenderli con dettaglio ancora maggiore.

"Perché anche se si può già scavare fino al livello del gene nella doppia elica - il livello più basso nel cromosoma - un certo numero degli altri otto livelli sono ancora in gran parte territorio inesplorato. In poche parole, non abbiamo idea di quali strutture esistano in alcuni degli altri livelli", aggiunge Jakob Bohr.

Secondo Jakob Bohr, i ricercatori non hanno attualmente accesso alla tecnologia con la capacità di chiarire completamente le strutture a tutti i livelli dei cromosomi. Tuttavia, egli è sicuro che la tecnologia necessaria dovrebbe apparire nei prossimi 10-15 anni, probabilmente a causa di altre ricerche in bioinformatica e attraverso le nuove strutture, tra SSE e MAX IV di Lund. 


Fonti
Articolo in DTU-avisen n. 8, ottobre 2015: Qui
Articolo su Science Daily: Qui
Articolo dal Politecnico della Danimarca (DTU): Qui



domenica 11 ottobre 2015

Le mani e i piedi dell'Homo Naledi

La seconda serie di articoli relativi alla notevole scoperta del Homo Naledi, una nuova specie di parente umano, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Communications il 6 ottobre 2015.

La mano e il piede del Homo Naledi si sono adattati in modo univoco
sia al tree climbing che al camminare eretti.
CREDIT Peter Schmid e William Harcourt-Smith | Wits University

I due articoli, dal titolo: Il piede del Homo Naledi e La mano di Homo Naledi, descrivono la struttura e la funzione delle mani e dei piedi  del Homo Naledi. Nel loro insieme, i risultati indicano che l'Homo Naledi si potrebbe essere adattato in modo univoco sia al tree climbing e sia a camminare come forme dominanti di movimento, ma anche di essere capace di una precisa manipolazione manuale.



La ricerca è stata condotta da un team di scienziati internazionali associato al Evolutionary Studies Institute presso l'Università di Witwatersrand in Sudafrica, sede del team della Rising Star Expedition che fin dalla scoperta del 2013 del più grande ominide trovato nel continente africano, ha recuperato e numerato circa 1550 elementi fossili da una grotta nel Cradle of Humankind World Heritage Site, a circa 50 chilometri a nord ovest di Johannesburg.


Secondo i ricercatori, se considerati insieme, queste studi indicano un disaccoppiamento delle funzioni degli arti superiori e inferiori nell'Homo Naledi, e forniscono una panoramica importante sulla forma e la funzione scheletrica che possono aver caratterizzato i primi membri del genere Homo.


Il piede dell'Homo Naledi

L'autore principale William Harcourt-Smith e i suoi colleghi descrivono il piede dell'Homo Naledi basandosi su 107 frammenti di piedi trovati nella Camera Dinaledi, tra cui il piede destro di un adulto ben conservato. Questi mostrano che le parti del piede dell'Homo Naledi condividono molte caratteristiche con un piede umano moderno, ciò indica che era ben adattato per la posizione eretta e a camminare su due piedi. Tuttavia, gli autori fanno notare che differisce per avere più ossa curve (falangi prossimali).


La mano dell'Homo Naledi

L'autore principale Tracey Kivell e i suoi colleghi descrivono la mano dell'Homo Naledi basandosi su circa 150 ossa di mani trovati nella Camera Dinaledi, tra cui la mano destra quasi completa di un singolo individuo adulto (manca solo un osso del polso), che è raro trovare nella documentazione fossile umana.

La mano dell'Homo Naledi rivela una combinazione unica di anatomia, che non è stata trovata in qualsiasi altro essere umano fossile prima. Le ossa del polso e le caratteristiche anatomiche mostrano un pollice in comune con gli esseri umani e i Neanderthal e suggeriscono potente forza di presa e la capacità di utilizzare strumenti di pietra.

Tuttavia, le ossa delle dita sono più curve della maggior parte delle prime specie umane fossili, come la specie di Lucy l'Australopithecus afarensis, suggerendo che l'Homo Naledi utilizzava ancora le mani per arrampicarsi sugli alberi. Questo mix di caratteristiche umane in combinazione con le caratteristiche più primitive dimostra che la mano dell'Homo Naledi era specializzata sia per le attività di utilizzo di strumenti complessi, sia per muoversi scalando gli alberi.

"Le caratteristiche della mano dell'Homo Naledi per l'utilizzo di strumenti, in combinazione con le piccole dimensioni del suo cervello, hanno interessanti implicazioni su quali requisiti cognitivi potrebbero essere necessari per produrre e utilizzare strumenti, e, a seconda dell'età di questi fossili, chi potrebbe aver fatto gli strumenti di pietra che troviamo in Sud Africa," dice Kivell.

Fonte: Qui e Qui

Articoli in PDF e lingua inglese:






domenica 27 settembre 2015

Le storie degli aborigeni australiani e il livello degli oceani

Le storie degli aborigeni australiani hanno conservato la memoria dell'innalzamento degli oceani per 13.000 anni

Secondo due scienziati australiani, la società aborigena ha conservato ricordi della costa dell'Australia risalenti dal 11.000 al 5.300 a.C.

I membri della tribù aborigena Kalkadoon, 1900 circa.
Credit: Vintage Queensland.


Il Prof. Patrick Nunn dell'Università della Sunshine Coast e il dottor Nick Reid dell'Università del New England hanno analizzato le storie aborigene di 21 luoghi lungo la costa dell'Australia, ognuno dei quali descrive un momento in cui il livello del mare era significativamente più basso rispetto ad oggi.

"Gli attuali livelli del mare in Australia sono stati raggiunti 7.000 anni fa, quindi qualsiasi storia sulla costa che si estende ben oltre il mare ha dovuto predatare quel tempo,"



"Queste storie parlano di un periodo in cui il mare ha iniziato a entrare e coprire il paese, e le modifiche che ciò ha comportato nel modo in cui la gente viveva - i cambiamenti nel paesaggio, l'ecosistema e l'interruzione che questo ha causato alla loro società".

"E' importante notare che non è solo una storia che descrive questo processo. Ci sono molte storie, tutte coerenti nel loro racconto, in 21 diversi siti lungo le coste dell'Australia."

Mappa di Australia che mostra le 21 località costiere da cui le storie aborigene
circa l'inondazione costiera; è anche indicata l'estensione della piattaforma
continentale che era esposta durante la fase di basso livello
del mare dell'ultimo massimo glaciale, circa 20.000 anni fa.
Credit: Patrick Nunn / Nicholas Reid.

Alcune delle storie sono mitizzate, alcune semplice narrativa. Circa la metà viene direttamente dagli aborigeni, le altre riportate attraverso gli europei.

"Tutto ciò che va indietro migliaia di anni - circa 13.000 anni in alcuni casi - deve essere del tutto eccezionale", ha detto il Prof. Nunn.

"E' un periodo di tempo notevole se consideriamo i nostri ricordi e quello che possiamo ricordare anche con l'ausilio di libri e altre informazioni."


"Credo che queste storie abbiano resistito così a lungo in parte a causa della durezza della natura australiana, il che significa che ogni generazione doveva passare la sua conoscenza alla successiva in un modo sistematico per garantire la propria sopravvivenza", afferma Nunn.

Fonte: Qui
Studio completo pubblicato sul Australian Geographer: Qui
Studio completo pubblicato in PDF: Qui




domenica 31 maggio 2015

Nuovo antenato umano scoperto in Etiopia

L'olotipo della mascella superiore di Australopithecus deyiremeda
trovato il ​​4 marzo 2011.
Credit: Yohannes Haile-Selassie/copyright Cleveland Museum of Natural History

Un nuovo relativo si unisce a "Lucy" sull'albero famiglia umana. Un team internazionale di scienziati, guidato dal dottor Yohannes Haile-Selassie del Museo di Storia Naturale di Cleveland, ha scoperto una nuova specie di antenato dell'uomo datata a 3,3-3,5 milioni di anni fa. Fossili della mascella superiore e inferiore estratti nell'area di Woranso-Mille nella regione di Afar in Etiopia sono stati assegnati alla nuova specie Australopithecus deyiremeda. Questo ominide vissuto accanto alla famosa "Lucy", specie Australopithecus afarensis. Le specie sono descritte nel numero del 28 maggio 2015 della rivista scientifica internazionale Nature.

La specie di Lucy ha vissuto da 2,9 a 3,8 milioni di anni fa, si sovrappone nel tempo con la nuova specie Australopithecus deyiremeda. La nuova specie è la prova più determinante per la contemporanea presenza di più di una specie strettamente imparentate dei primi antenati umani prima a 3 milioni di anni fa. Il nome della specie "deyiremeda "(day-ihreme-dah) significa "stretto familiare" nella lingua parlata dal popolo Afar.

L'Australopithecus deyiremeda differisce dalla specie di Lucy in termini di forma e dimensioni dei suoi denti spessi e smaltati e per la robusta architettura della sua mascella inferiore. I denti anteriori sono anche relativamente piccoli, ciò indica che probabilmente aveva una dieta differente.



"La nuova specie è l'ennesima conferma che la specie di Lucy, l'Australopithecus afarensis, non è l'unico potenziale specie di antenati umani che vagavano in quella che è oggi la regione di Afar in Etiopia durante il medio Pliocene," ha detto l'autore e team leader del progetto Woranso-Mille Dr. Yohannes Haile-Selassie, curatore di antropologia fisica presso il Museo di Storia Naturale di Cleveland. "Le attuali prove fossili dalla zona di studio di Woranso-Mille mostrano chiaramente che ci sono state almeno due, se non tre, prime specie umane che vivevano nello stesso momento e in prossimità geografica."

"L'era dei nuovi fossili è molto ben limitata dalla geologia regionale, dalla datazione radiometrica, e dai nuovi dati paleomagnetici," ha detto il co-autore Dr Beverly Saylor della Case Western Reserve University. Le prove combinate dalle analisi radiometriche, paleomagnetiche e dal tasso deposizionale stimano una età massima e minima  di 3,3 e 3,5 milioni di anni.

"Questa nuova specie dall'Etiopia porta il dibattito in corso sulla diversità dei primi ominidi ad un altro livello", ha detto Haile-Selassie. "Alcuni dei nostri colleghi sono scettici su questa nuova specie, il che non è insolito. Tuttavia, credo che sia giunto il momento per noi di guardare alle prime fasi della nostra evoluzione, con una mente aperta e esaminare attentamente gli elementi fossili attualmente disponibili piuttosto che respingere immediatamente i fossili che non rientrano nelle nostre ipotesi di lunga data".

Gli scienziati hanno a lungo sostenuto che vi sia stata una sola specie preumana in un qualsiasi momento tra i 3 e i 4 milioni di anni fa, dando in seguito vita ad un'altra nuova specie nel tempo. Questo era quello che i fossili apparentemente indicavano fino alla fine del XX secolo. Tuttavia, la denominazione dell'Australopithecus Bahrelghazali dal Ciad e del Kenyanthropus platyops dal Kenya, contemporanei alla specie di Lucy, ha contestato l'idea di lunga data. Sebbene un certo numero di ricercatori fossero scettici circa la validità di queste specie, nel 2012 l'annuncio della scoperta di Haile-Selassie di un piede parziale di 3,4 milioni di anni fa nel Burtele, ha eliminato alcuni degli scetticismi sulla probabilità di più specie di primi ominidi nel range di 3/4 milioni di anni.

Piede parziale del Burtele

Il piede fossile parziale del Burtele non apparteneva a un membro della specie di Lucy. Tuttavia, nonostante la somiglianza in età geologica e la vicinanza geografica, i ricercatori non hanno assegnato il piede parziale a una nuova specie a causa della mancanza di una chiara associazione. Indipendentemente da ciò, la nuova specie Australopithecus deyiremeda conferma in modo incontrovertibile che più specie siano davvero coesistite durante questo periodo di tempo.

Questa scoperta ha importanti implicazioni per la nostra comprensione dell'ecologia dei primi ominidi. Si pongono anche questioni importanti, come il modo in cui più specie di primi ominidi viventi nello stesso momento e area geografica avrebbero potuto usare il territorio condiviso e le risorse disponibili.


La scoperta dell'Australopithecus deyiremeda

L'olotipo (tipo esemplare) di Australopithecus deyiremeda è una mascella superiore con i denti scoperta il 4 marzo 2011, in cima a una superficie di argilla limosa in una delle località del Burtele. Anche i paratipi di mascella inferiore sono stati rinvenuti da affioramenti superficiali, il 4 e 5 marzo 2011, presso la stessa località dell'olotipo e in un'altra località nelle vicinanze chiamata Waytaleyta. La mascella superiore dell'olotipo è stata trovata in un unico pezzo (ad eccezione di uno dei denti che si trovava nelle vicinanze), mentre la mandibola è stato recuperata in due metà che sono state trovate a circa 2 metri di distanza l'una dall'altra. L'altra mandibola è stata trovata a circa 2 chilometri ad est da dove sono stati trovati i campioni del Burtele.


Luogo della scoperta

Gli esemplari fossili sono stati trovati nella zona di studio del Progetto Paleontologico Woranso-Mille situato nella regione centrale di Afar in Etiopia circa 520 km a nord est della capitale Addis Abeba e 35 km a nord di Hadar (sito "Lucy"). Burtele e Waytaleyta sono nomi locali per le aree in cui sono stati trovati gli olotipi e i paratipi e si trovano nel distretto Mille, zona 1 dello Stato a finalità regionale Afar.

Fonti: Qui e Qui e Qui e Qui e Qui